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Antigone ed Elettra di Sofocle: viaggio tra memoria e oblio della violenza V


Questioni di sempre

Forgiveness (1) o della forza del perdono


Racconta del dopo-apartheid questa bellissima e terribile storia ambientata dal regista sudafricano Ian Gabriel nel fatiscente villaggio di pescatori di Paternoster, nella provincia di Western Cape, una decina di anni dopo la conclusione dei lavori della Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Tratta della convivenza ancora difficile tra bianchi e neri, della consolazione che soltanto il perdono è in grado di accordare e della potenza dirompente della collera che al contrario anela alla vendetta...dell'animo umano, insomma, in tutta la sua irriducibile complessità e dell'eterno immenso dilemma che lo abita, quando è chiamato a misurarsi con la propria e l'altrui violenza.
Un dramma moderno che sembra rivendicare il proprio posto accanto ai due antichi appena trattati, riproponendone sorprendentemente gli elementi costitutivi; che (come quelli antichi) si avvia a partire da un grave fatto di sangue, insieme antefatto risalente ad un tempo lontano e perno costantemente evocato sul quale ruota tutta la vicenda; che si struttura intorno a tre scene chiave girate nel piccolo cimitero del villaggio, perché (come in quelli antichi) confrontarsi con un passato traumatico significa innanzitutto fare i conti con i morti che esso si è portato via.

È lì, infatti, che le strade bianche di sale che costeggiano l'oceano portano l'auto di Tertius Coetzee, al begrafplaas di Paternoster (il "camposanto", l'"acro di Dio"), una distesa di tumuli identici ornati di conchiglie (i "fiori del mare", come vengono chiamate dagli anziani del posto) e ricoperti da reti adagiate come sudari su croci e sepolture; ed è lì, dietro un sipario di reti da pesca, che l'ex-agente di polizia, attivo all'epoca del regime segregazionista, si spinge in cerca della tomba di Daniel, figlio maggiore dei signori Grootboom, da lui brutalmente torturato e ucciso dieci anni prima.
Una scelta non casuale, quella di Gabriel, di adottare il nome "Coetzee", lo stesso di uno degli oppressori più spietati che il Sudafrica rammenti (2), un nome dalla tragica potenza allusiva, indicativo di una precisa volontà di connotare il personaggio come un "assassino", come un "cattivo"; eppure, prima ancora che la pellicola ne riveli l'identità, è la pena dell'uomo ad essere messa in rilievo, il tormento espresso dai suoi occhi tristi ad imporsi all'attenzione dello spettatore, cui non resta che rimettersi alle mani coraggiose del regista e lasciarsi condurre oltre i preconcetti e i giudizi sommari, in un percorso nel quale niente in realtà è come si presume che sia e il dolore di chi ha perpetrato la violenza è un assunto tanto incontestabile da essere trasformato nella molla che mette in moto l'intera vicenda.

È stato Coetzee a premere presso il parroco di Paternoster affinché i Grootboom acconsentissero ad incontrarlo, nella speranza di ottenere almeno da loro un po' di quella pace che da solo non ha mai saputo trovare e di riuscire finalmente a far tacere i fantasmi dei quali si era illuso di potersi liberare confessando i suoi crimini davanti alla Commissione di Verità e ricevendone l'amnistia.
Così eccolo lì, al cospetto di Daniel prima che di tutti gli altri, il carnefice di fronte alla sua vittima, schiacciato dal bisogno di sentirsi punito e al tempo stesso quasi confortato dal fatto di essere giunto al termine della sua ricerca, sconvolto dal materializzarsi dinnanzi a lui delle conseguenze irreparabili del suo gesto e insieme rasserenato dall'aver lasciato dentro l'auto l'implacabile ticchettio dell'orologio per ritrovarsi avvolto dal silenzio di quel luogo senza tempo, capace di individuare il sepolcro di Daniel malgrado la difficoltà di leggerne il nome su una croce incrostata di sabbia e sale, come in risposta ad un richiamo, come a dire che, pur nell'assurdo del suo compiersi, la violenza incrocia i destini di chi la dispensa e di chi ne è l'oggetto, serrandone le vite in una trama che può arrivare ad annientare entrambi o imporre che nessuno dei due si salvi pienamente senza l'altro.

Dai Grootboom l'atmosfera è prevedibilmente carica di tensione; asserragliati da una sofferenza che l'avvicendarsi delle stagioni non ha guarito, essi attendono l'arrivo di Coetzee, sospesi nel limbo di un lutto non ancora risolto, sepolti come Daniel tra muri scrostati e decadenti che trasudano miseria e abbandono, ami arrugginiti, conchiglie e le immancabili reti da pesca. È un colloquio faticoso che altrettanto prevedibilmente a nulla porta se non ad acuire l'angoscia dei coniugi Hendrik e Magda, che in un silenzio assordante di parole non dette sopportano con dignità la presenza dell'uomo, e ad esacerbare l'ostilità del figlio minore Ernest e della figlia Sannie, che al contrario non si trattengono dal rovesciargli addosso il loro odio.
Tuttavia, quando Sannie (ancora una volta una donna, ancora una volta una sorella!) all'insaputa di tutti contatta un amico di Daniel, informandolo della venuta di Coetzee e ricevendone precise indicazioni sulla necessità di trattenere l'ex-poliziotto a Paternoster fino al sopraggiungere suo e di altri due compagni del fratello, affiora una realtà ben più ambigua e problematica.
Il profilarsi di un ulteriore raffronto tra le parti, segretamente pianificato dalla ragazza come un pretesto che soddisfacesse la sua brama di vendetta e favorisse l'attuarsi del suo progetto, finisce col dare voce alla sua stessa fame di verità, inconsapevolmente tanto attesa e troppo a lungo tacitata, e a far emergere tutto il rimosso di una famiglia divisa nella quale lo strazio dei genitori per la perdita di quel figlio, che tutti credono sia stato ucciso perché coinvolto in un banale furto d'auto, nasconde l'incapacità di accettare il suo passato di terrorista dell'ANC e la vergogna che ha sempre impedito loro di presenziare alle sedute della Commissione, nel terrore che si diffondesse la notizia della reale matrice politica della sua esecuzione; nella quale la ferocia del risentimento scatenato dai figli contro il giustiziere di Daniel maschera la stanchezza e l'impotente frustrazione di un'esistenza soffocata dal ricordo idealizzato e fasullo del fratello.

Quando Coetzee ritorna al cimitero il giorno seguente, molte cose sono accadute e molte altre sono cambiate. Amaro ed estenuante per tutti, l'annunciato faccia a faccia ha effettivamente avuto luogo, rappresentando nondimeno per tutti una svolta decisiva.
Non è stato un alternarsi di testimonianze, però, perché al centro di questa che forse è la sequenza più drammatica dell'intero film il regista ha puntualmente voluto Coetzee, con la sua arrendevolezza nell'accogliere ogni interrogativo posto dai Grootboom, col disagio di dover ripetere a loro le stesse frasi già riferite ad altri e di ripercorrere nel dettaglio la progressione delle sevizie inflitte a Daniel; col pudore e nel contempo l'urgenza di dire anche il suo travaglio di uomo annebbiato dalla stanchezza e dall'alcool non meno che di subalterno costretto ad eseguire degli ordini, senza per questo sottrarsi all'obbligo di riconoscersi responsabile, senza rinunciare alla decisione di affidarsi ai familiari di Daniel lasciando loro la facoltà di decidere della sua esistenza (come già egli si era sentito in diritto di decidere dell'esistenza del giovane).
Dal canto loro, è da Coetzee e dall'ascolto sofferto delle sue rivelazioni che a loro volta i Grootboom si sono visti colmare i vuoti di una memoria fino a quel momento nebulosa e frammentata, e restituire una verità che, seppur cruda (o, forse, proprio perché tale!), è riuscita finalmente a sciogliere tutto il cordoglio da cui avevano cercato difesa nella menzogna, scuotendoli dal sonno delle loro coscienze anestetizzate, sgretolando il precario equilibrio dei loro rapporti paralizzati.

Ed ora eccolo di nuovo lì, di nuovo sulla tomba di Daniel, di nuovo il carnefice solo con la propria vittima. È ferito e mostra evidenti le tracce delle lesioni che Ernest, incapace di contenere il rancore provocato in lui dal suo resoconto, gli ha procurato, perché non è poi così facile astenersi dal male quando la tensione incalza e le emozioni si accavallano caotiche. È ignaro del pericolo che incombe su di lui ed è inconsapevolmente braccato da Sannie, che la notte prima nel tentativo di medicarlo gli si è trovata tanto vicina da macchiarsi del suo sangue, perché tremenda è l'intimità tra persecutore e perseguitato; che subito dopo di quel sangue, versato di fatto a causa sua, si è "lavata le mani" e che adesso si ritrova appostata fuori dalla recinzione del cimitero a spiare i movimenti dell'uomo, come il cacciatore con la preda, perché la violenza è un contagio in grado di espandersi e sfuggire ad ogni controllo, perché nessuno è del tutto innocente nel suo dispiegarsi feroce e maledetto che confonde e sovrappone i ruoli.
Ciò nonostante, ha negli occhi la serenità ritrovata di chi è pronto a seppellire senza dimenticare, Coetzee, e nella mano la sua valigia, svuotata dei medicinali e dei colliri con cui aveva tentato invano di ottenere quella guarigione che solo la forza purificatrice della narrazione e delle lacrime gli ha assicurato, e ricolma delle conchiglie con cui è venuto a rendere onore a Daniel; dopo le parole, infatti, è alla pregnanza dei gesti che Gabriel si affida, riservando a lui l'iniziativa di compiere quel rito che l'incuria del sepolcro del ragazzo rivela essere stato trascurato dalla famiglia per molto tempo, e facendo in modo che Sannie così lo sorprenda.

Mentre la pellicola restituisce al cielo e alla terra la vivacità dei loro colori facendoli gradatamente emergere dall'indefinita monocromia delle inquadrature iniziali, e il mare riconsegna ai pescatori di Paternoster la fonte del loro sostentamento, gli animi di tutti si distendono e si ricuciono le relazioni tra Hendrik e Magda, che smettono di colpevolizzarsi per la morte di Daniel, trovando il coraggio di riconciliarsi con le scelte del proprio passato e di riconoscere al figlio la piena consapevolezza delle sue; tra i genitori e quei due figli quasi dimenticati, finalmente riscoperti e ripagati delle loro attese; tra i Grootboom e lo stesso Coetzee cui Sannie trova il coraggio di confessare la verità, spingendolo ad andarsene quanto prima dal villaggio.

Ma l'uomo non fugge e l'indomani, in quello stesso begrafplaas dove tutto ha avuto inizio, questo dramma moderno trova il proprio epilogo, sapientemente costruito come quelli antichi intorno alla presenza di tutti i personaggi sulla scena, necessariamente tragico per un progetto che fin dall'inizio ha mostrato l'ambizione di voler raccontare la vita.
A Coetzee non rimane che affrontare il proprio destino e all'inesorabile sopraggiungere dei tre compagni di militanza di Daniel (le sue Erinni vendicatrici!) trovare la morte per mano di uno di loro, che un'ennesima sconvolgente verità rivela essere colui che dieci anni addietro ha tradito il giovane Grootboom consegnandolo agli agenti del governo in cambio del rilascio del fratello, ostaggio della polizia.
A Sannie non resta che starsene lì, in silenzio, affranta dall'intuirsi di altri insospettati risvolti, custode incredula di Daniel e insieme del suo assassino, e poi partire da Paternoster nella speranza forse di una vita migliore in un paese lontano o forse alla ricerca dei figli di Coetzee a cui chiedere perdono per la morte del padre, a provare che non esistono soluzioni facili alla complicanza delle situazioni umane, a suggerire che, si tratti dell'Atene del IV secolo a.C. o del Sudafrica di Mandela, di singoli individui o di comunità intere, la colpa più grave continua ad essere la fuga da un'onesta e coraggiosa conoscenza di sé, e il costante lavorio delle coscienze l'unica via percorribile per porre fine all'odio.


Note:

(1) Le seguenti considerazioni sono liberamente ispirate dalla visione di questo film del 2004.

(2) Dirk Coetzee è stato realmente il co-fondatore e il comandante di un'unità segreta della polizia che arrestava e uccideva attivisti anti-apartheid, e che agiva in segreto da Vlakplaas, fattoria vicino alla città di Pretoria. Condannato per gli innumerevoli omicidi da lui rivendicati, è stato amnistiato nel 1997 ed è stato una fonte importantissima di informazioni su quel periodo.

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